di Marianna Matteoni

«Lei può scrivere qualcosa sul convegno. Non si scrivono solo romanzi.»
Così l’analista mi invita a partecipare al dibattito preparatorio.
Nell’atto di accomiatarmi, arrivata sulla soglia, luogo fisico in cui avvengono entrate e uscite, due associazioni appaiono attorno alla parola romanzo.
La prima, più intima, inerente a ciò che ho detto nei minuti precedenti in seduta, la seconda relativa alla teoria di Lacan, ma entrambe evocano subito la scrittura.
Sì, ma quale scrittura? Quella che si fa a mano con la penna? Quella che avviene sul corpo con un sintomo?
Lacan ha fatto un uso abbondante della scrittura, dallo schema L al grafo, dai matemi ai cerchi di Eulero.
Le analisi iniziano con una scrittura, il matema del transfert[1]:


Sotto transfert l’analizzante dispiega i significanti del romanzo familiare, un’elaborazione sull’impossibile a dirsi a proposito dell’origine e della differenza sessuale.
Significante dopo significante, in risposta al desiderio enigmatico dell’Altro, costruisce il fantasma: si aggiunge un’altra scrittura, $ ◊ a.
Man mano che l’insegnamento prosegue il piano della lavagna non basta più, per il reale solido che torna sempre allo stesso posto serve un altro tipo di supporto.
I tre anelli del nodo borromeo richiedono nuovi spazi e diversi strumenti: per capire la totale indipendenza l’uno dall’altro o i loro intrecci spesso occorre effettivamente tagliare strisce di carta e nastri colorati, lavorare con forbici e colla. Non sono rare le testimonianze di allievi e analizzanti che vedono Lacan armeggiare con camere d’aria e pezzi di corda.
I tre anelli sono la realizzazione concreta della struttura del parlessere in cui sono in gioco il corpo (l’immaginario), la parola e la morte (il simbolico), l’impossibile e la vita (il reale)[2].
Ciò che li tiene insieme è un quarto anello che Lacan ha nominato recuperando un’antica ortografia[3], il sinthomo.
Il sinthomo non cade come le identificazioni, ma resta e non cessa di scriversi poiché viene al posto del rapporto sessuale che non si scrive.
Non è necessaria un’analisi affinché si costituisca un sinthomo, ma un’analisi avanzata o condotta alla fine può isolarlo. È una delle possibili uscite dall’analisi, un’uscita via la scrittura di un nome nuovo vuoto di senso, un nome che include il reale del godimento, un nome a cui il parlessere può identificarsi.

[1] J. Lacan, Proposta del 9 ottobre 1967 sullo psicoanalista nella Scuola [1967], in Altri scritti, Einaudi, Torino 2013, p. 246.
[2] J. Lacan, La terza [1974], in La Psicoanalisi, n. 12, Astrolabio. Roma 1992, pp. 11-38.
[3] Cfr. J. Lacan, Il rapporto sessuale è un rapporto intersinthomatico [1978], in La Psicoanalisi, n. 69, Astrolabio, Roma 2021, p. 11.